Realizzato in marmo di Carrara rappresenta il Trionfo dell’Eucaristia: ai lati della mensa dell’altare emergono due Angeli adoranti, sulla colonna di nubi sono visibili 11 testine di cherubini e 4 putti angelici, in alto sono collocati due Angeli annuncianti; nella sommità della scultura il Mondo con il Calice e l’Ostia raggiante. Nel complesso si erge a sinistra la bellissima ed emblematica statua della Fede Velata (1723) mentre contempla l’Eucaristia.
L’opera è una meditazione sul senso dell’Eucaristia per la vita della Chiesa. La Donna velata rappresenta la Chiesa e la fede di ogni credente: il suo volto è rivolto verso il Calice e il Pane eucaristico posti al vertice del mondo redento. Il volto è velato perché la fede non vede pienamente ma crede nella presenza di Gesù nel dono dell’eucaristia. Tiene in mano il vangelo che contiene la trasmissione di ciò che Gesù ha compito nell’ultima cena e con l’altra mano afferra la Croce segno che le parole di dono di Gesù pronunciate nell‘ultima cena si sono realizzate nel dono della vita sulla croce.
I due angeli collocati ai lati sinistro e destro della mensa dell’altare a livello del tabernacolo, richiamano i due angeli del vangelo di Giovanni che annunciano la risurrezione a Maria Maddalena (Gv 20,12): l’Eucaristia è la presenza del Risorto che continua a farsi presente nella comunità. Entrambi gli angeli sono in atteggiamento di adorazione davanti al mistero eucaristico e invitano i credenti a far proprio questo atteggiamento adorante. L’angelo posto a sinistra in altro invita a guardare il pane eucaristico in atteggiamento di fiducia, come via di vita e di salvezza. L’angelo a destra in alto sostiene il mondo e mostra a tutti che la logica eucaristica dona vita al mondo e lo salva dal male (Mc 14,22-24).
Sulla colonna di nubi sono distribuite 11 testine di cherubini e sulle nuvolette più in basso si possono vedere 4 putti angelici gioiosi. Questa colonna di nubi si collega all’immagine descritta nel libro dell’Esodo: il popolo d’Israele viene guidato nel deserto dalla colonna di nubi, ora è l’Eucaristia a guidare e sostenere il cammino della Chiesa, popolo di Dio e di ogni singolo credente (Es. 13,21).
Il tabernacolo conserva una preziosa porticina in argento dorato che raffigura la Cena di Gesù con i discepoli di Emmaus: “Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24, 31).
Sulla destra è posto il tabernacolo per gli oli santi: la portella in ottone sbalzato è opera di Angelo Scarabello eseguita nel 1748.
A destra della cappella si può vedere la tela che rappresenta l’ultima cena di Gesù con i dodici apostoli; a sinistra invece la tela che rappresenta la cacciata dei profanatori del Tempio. Entrambe le tele sono opera di Zanobi Angelo Rosis e furono eseguite nel 1729.
La portella d’ingresso alla cappella è in rame sbalzato e cesellato opera dell’orefice padovano Zuanne Marangoni.
La doratura della parte absidale sul retro della scultura fu eseguita nel 1923 in sostituzione di un precedente fondo azzurro stellato.
Nacque a Venezia il 19 ottobre 1688. Per i livelli di virtuosismo raggiunti con le sue “donne velate” può essere annoverato tra i più grandi scultori italiani.
La prima opera documentata risale al 1709, quando partecipò alla decorazione della chiesa di San Stae insieme ad altri scultori veneti; emerge il suo stile legato da una chiara adesione al gusto tardo-barocco.
Nel 1713 aveva già una sua bottega. Nello stesso anno esegue la statua di Sant’Anastasia a Zara per la chiesa di San Donato e nel 1716-17 realizza 18 busti e 2 statue per il giardino d’estate di Pietro il Grande a san Pietroburgo. Inoltre termina il monumento al maresciallo von Schulenburg e scolpisce la sua prima donna velata. Seguono un altare nel duomo di Rovigo (1718) e un altro altare per la cattedrale di Gurk in Carinzia (1719-20)
Nel 1721 il Corradini diventa scultore ufficiale della Serenissima e nel 1723 eseguì il gruppo della Pietà, opera unanimemente considerata il capolavoro dei suoi esordi. In seguito scolpì il Trionfo dell’Eucaristia per il duomo d’Este e poi la statua della Prudenza a Palazzo Ducale a Venezia. In questi anni gli fu affidata la soprintendenza della demolizione del vecchio Bucintoro e della decorazione della nuova imbarcazione del Doge di Venezia: la nave venne distrutta nel 1797; sappiamo però com’era fatta grazie all’esistenza di alcuni frammenti e di un modellino ligneo, grazie ai quali possiamo attribuire al Corradini la paternità delle due Muse e della porta su cui è intagliato San Marco con il leone.
Dal 5 agosto 1731 lo troviamo in Austria dove assai rapidamente lo scultore si attrasse la benevolenza della corte di Vienna, che lo nominò scultore di corte. L’imperatore Carlo VI gli affida la decorazione della Josephbrunnen a Vienna e la realizzazione della Bundesladendenkmal di Győr (Ungheria). A Praga realizza il monumento funebre a Giovanni Nepomuceno nel duomo di san Vito (1733 -1736). A Vienna realizza anche quattro figure che ornano i due altari laterali della cupola della Karlskirche e la costruzione di un teatro in legno e stucco destinato a spettacoli di combattimenti tra animali, lo Hetztheater.
Con la morte dell’imperatore Carlo VI nel 1740, Corradini entra in un periodo di crisi. Verso la fine del 1742 rientra a Venezia, ma subito dopo si sposta a Roma dove si dedica a scolpire una Vestale velata realizzata senza committente (che rimase poi invenduta) ed è coinvolto nel problema del restauro della cupola di San Pietro, per la quale progetta otto modelli di statue colossali con cui caricare i contrafforti di tamburo della cupola per renderli più resistenti alla forza centrifuga. Il progetto venne poi accantonato dal Vanvitelli.
Il 1744 fu un anno di profondo fermento artistico per Corradini, impegnato nell’esecuzione di due Angeli che reggono lo stemma di Giovanni V del Portogallo per la Chiesa di San Rocco a Lisbona e nella realizzazione del Monumento a Benedetto XIV nella sala Alessandrina del palazzo della Sapienza. Lo scultore, in questo modo, conobbe uno sfolgorante successo, tanto che il 20 maggio 1747 addirittura il pontefice si recò nella sua bottega per ammirare un Cristo marmoreo «eccellentemente scolpito» che Corradini stava realizzando.
Nel 1749 è a Napoli e lavora nella Cappella Sansevero. Si tratta di una decorazione assai complessa e articolata di statue, basamenti, dossali tondi e bassorilievi, per cui prepara 36 modelli in creta. Per il mausoleo lo scultore eseguì quattro opere: la statua del Decoro, dove la virtù è personificata da un giovane seminudo con i fianchi coperti da una pelle di leone, il monumento a Paolo de’ Sangro e a Giovan Francesco de’ Sangro, e infine la Pudicizia, la sua ultima e più celebre opera, dove la madre di Raimondo veste i panni di una donna ricoperta da un velo marmoreo trasparente di notevole pregio. Allo scultore venne commissionata anche l’esecuzione del Cristo velato, del quale realizzò un bozzetto in terracotta: la statua venne poi scolpita da Giuseppe Sanmartino a causa della prematura morte del Corradini, avvenuta il 12 agosto 1752.