Pala di Santa Tecla del Tiepolo
La grandiosa pala absidale (olio su tela di metri 6.84 x 3.94 quasi 27 metri quadrati) è opera di Giambattista Tiepolo (1696-1770). Il titolo dell’opera è “Santa Tecla che prega l’Eterno Padre”. La pala fu ordinata dalla magnifica comunità di Este con delibera del 29 giugno 1758 e consegnata il 24 dicembre 1759 presente l’autore e il figlio Giandomenico.
Il soggetto fu suggerito indirettamente dal cardinale, vescovo di Padova, Carlo Rezzonico: nel 1748 volle che fosse tolta la pala del presbiterio (ora conservata e visibile in sacrestia) che raffigura la canonizzazione di san Lorenzo Giustiniani, opera di Antonio Zanchi del 1702. In base alle regole liturgiche del tempo la pala era troppo celebrativa delle persone e il vescovo patavino desiderava una nuova pala che, secondo le indicazioni liturgiche dell’epoca, rappresentasse il Signore o il Santo titolare della chiesa, in quanto più adatta alla preghiera, alla lode e al ringraziamento di Dio.
Lo storico estense Isidoro Alessi seguendo l’orientamento del cardinale vescovo propose al Consiglio della Magnifica Comunità “che si facesse Este in prospetto e Santa Tecla in atto di raccomandarlo a Dio”. E in quest’opera fu coinvolto il Tiepolo, il pittore più famoso allora esistente.
Questo straordinario dipinto è riconosciuto dalla maggior parte dei critici come il capolavoro del Tiepolo tra le opere a carattere religioso. Rappresenta la preghiera di Santa Tecla, patrona di Este, che raccolte le sofferenze e le angosce della città atestina e invoca da Dio Padre la liberazione dalla peste.
L’epidemia era scoppiata a Este nel 1630-1631 e sembra che ad Este abbia causato la morte di più di 3.400 persone su una popolazione di circa 14 mila abitanti.
Dio Padre, attorniato in cielo dai suoi angeli, disperde con la sua forza l’ombra della morte e del male rappresentata nella figura oscura che si allontana verso il basso a sinistra. Sullo sfondo si riconosce la città di Este con alcuni suoi monumenti, il duomo, il campanile, il Palazzo del Principe sul colle, il Castello Carrarese, la Torre di Porta vecchia. L’allontanamento della peste da parte dell’azione benefica del Padre sembra offrire al paesaggio maggiore luminosità.
Nella parte bassa del dipinto compare Santa Tecla: non è ritratta in un atteggiamento trionfale ma in umile preghiera con le mani raccolte e gli occhi rivolti al Padre. Vicino alla Santa sono presenti alcuni personaggi che mostrano il dolore portato in città dall’epidemia della peste: una bambina piange la madre ormai morta, la disperazione di un uomo con la testa tra le mani, la paura di un altro personaggio che per proteggersi si mette la mano davanti alla bocca e al naso.
Questo dipinto è stato preceduto da un modelletto (cm 80×45) che ora si trova la Metropolitan Museum di New York.
La particolarità di questa pala e che è tensionata su un telaio curvo che segue l’andamento dell’abside: questo ha sempre creato delle difficoltà per la pala che ha richiesto vari restauri. La prima volta fu restaurata nel 1893 e si pensò di metterla su un telaio. Ma la cosa non funzionò molto. Poi fu restaurata nel 1923: venne rifoderata e collocata nuovamente in posizione curva come l’aveva ipotizzata il Tiepolo. Un altro restauro avvenne nel 1929 e nel 1961. Nel 2012 è iniziato un grande restauro con l’obiettivo di ripulire la pala da tutti i depositi di questi trecento anni e con un nuovo telaio curvo.
La vita di Giovanbattista Tiepolo
Giambattista Tiepolo (o Giovanni Battista o Zuan Batista) nasce a Venezia il 5 marzo 1696 e muore a Madrid, 27 marzo 1770. E’ uno dei maggiori pittori del Settecento veneziano.
Fu cognato del pittore Francesco Guardi, di cui sposò nel 1719 la sorella, Cecilia (1702-1779), dalla quale ebbe nove figli, tra i quali i pittori Giandomenico e Lorenzo Tiepolo.
Pittore di affreschi molto ricercato, lasciò un corpus di opere magnifico tra Italia, Germania, Svezia, Russia e Spagna. In totale realizzò più di 800 dipinti, oltre 2,000 disegni e numerose incisioni, oltre ai numerosi affreschi. Viene considerato l’ultimo grande pittore veneziano di grandi affreschi del periodo barocco. Le sue opere erano spesso elaborate forme narrative attraverso uno stile pittorico incantevole, che rappresenta il culmine del Rococò italiano nel XVIII secolo.
La sua prima formazione iniziò all’età di 14 anni, nello studio del veneziano Gregorio Lazzarini (1655-1730). da cui apprese, oltre che i primi rudimenti, il gusto per il grandioso e teatrale nelle composizioni. Ben presto si diresse verso la cosiddetta pittura “tenebrosa” di Federico Bencovich e di Giovanni Battista Piazzetta. Oltre che ai contemporanei il suo studio si rivolse ai grandi del Cinquecento veneto, Tintoretto e Paolo Veronese,
Il primo lavoro importante del pittore fu per il Palazzo vescovile di Udine. Emerge qui lo stile personale dell’artista capace di creare un nuovo rapporto forma / luce / colore, che sottolinea la solidità e il plasticismo della figura umana, anche con l’uso di tinte esaltate dalla luce solare. Nelle sue composizioni, coniugò arguzia narrativa e finzione scenica, avvalendosi anche dell’apporto delle quadrature, spesso realizzate dal collaboratore Girolamo Mengozzi Colonna.
Al ritorno da Udine, dove aveva eseguito anche affreschi nel Duomo, fu a Milano (decorazioni nei palazzi Archinto e Dugnani, 1731), a Bergamo (Cappella Colleoni, 1732-33), a Vicenza (villa Loschi-Zilieri). Accanto ai numerosi dipinti di soggetto profano, a questo periodo risalgono importanti realizzazioni per le istituzioni religiose di Venezia, come gli affreschi per la chiesa dei Gesuati (1737-39) e i dipinti per la chiesa del Carmine e per S. Alvise.
Nel 1747 lavora per la decorazione del palazzo Labia a Venezia, una lunga serie di 13 rappresentazioni di scene dalle vite di Antonio e Cleopatra. Qui utilizza una prospettiva ad ampio raggio, dando al suo stile una sensazione di esagerazione.
Chiamato a Würzburg, in Germania, nel 1750 dal principe vescovo Carlo Filippo di Greiffenklau, realizzò la decorazione della residenza, con l’aiuto dei figli Giandomenico e Lorenzo, attivi nella sua bottega. La decorazione, da molti ritenuta il suo capolavoro assoluto, raggiunge un effetto fastoso nel salone ornato di stucchi bianchi e oro, e ancora di più nella volta dello scalone, con la grandiosa rappresentazione dell’Olimpo con le quattro parti del mondo. Questo affresco è uno dei più grandi mai realizzati, imponente per la tecnica di realizzazione e per il valore artistico.
Nel 1753 tornò a Venezia (1753) e lavorò a numerosissime commissioni di ogni genere: del 1757 sono gli affreschi di villa Valmarana presso Vicenza, mentre a Venezia dipinse in Palazzo Ducale (Nettuno offre doni a Venezia, 1748-50) e per nobili famiglie veneziane (affreschi in Ca’ Rezzonico, 1758). Nel 1759 eseguì a Udine affreschi nell’oratorio della Purità.
Sempre in quell’anno (1759) dipinse per il duomo di Este la pala Santa Tecla libera Este dalla pestilenza.
Del 1761-62 è l’Apoteosi della famiglia Pisani nella villa Pisani a Stra (Ve), ultima opera eseguita in Italia.
Nel 1762 la fama ormai internazionale di Giambattista Tiepolo lo condusse a Madrid, con i suoi figli, a decorare il palazzo del re Carlo III. Qui eseguì anche un altro imponente affresco, l’Apoteosi della Spagna o l’Apoteosi della monarchia spagnola. Venne iniziato nel 1761, e fece guadagnare a Tiepolo una fama straordinaria in Spagna, tanto che lavorò con la monarchia per otto anni fino alla morte, il 27 marzo 1770 a settantaquattro anni.
Dinanzi a un suo affresco veniamo subito pervasi dal senso di levità che il pennello ha saputo creare con virtuosistica mobilità nelle linee soffici e nei colori delicati. I tagli compositivi e i giochi di luci e ombre, che si accordano perfettamente alle ampie dimensioni di soffitti, di pareti e di pannelli, non sopraffanno lo spettatore ma lo elevano e lo trasportano in alto, su quelle nuvole che tanto spesso accolgono i Santi da lui rappresentati. Giambattista Tiepolo è il maestro della tavolozza cromatica e della leggerezza del segno della pittura veneziana del Settecento.
Tiepolo trova il modo di esprimere la vivacità del movimento con toni chiarissimi, armonizzati in un raffinato riverbero avorio. Le sue composizioni si aprono sempre più su scenografie prospettiche, alle quali corrisponde l’ardimento cromatico delle tinte ariose ed eccitate. Oltre le quinte prospettiche, composte da architetture e da figure poste di spalle rispetto allo spettatore, si apre una sapiente orchestrazione composta da tutto un repertorio di scorci, di gesti, di particolari, come mostrano gli affreschi della maturità a Palazzo Labia, uno dei suoi cicli più felici e scenografici.
Di notevole importanza è l’opera grafica di Tiepolo; di grande interesse i disegni (conservati soprattutto a Londra, Firenze, Stoccarda, Venezia, Trieste), che seguono la sua evoluzione stilistica e ne rivelano la straordinaria fantasia e la vena satirica. Più limitata la produzione incisoria: tra le acqueforti ricordiamo i ventiquattro Scherzi e i dieci Capricci, e vari soggetti religiosi.
Descrizione della Pala del Tiepolo
La pala rappresenta Santa Tecla nell’atteggiamento di preghiera: invoca l’eterno Padre per la città di Este.
Santa Tecla
La santa è posta sulla sinistra nella parte bassa del dipinto. E’ una collocazione nuova: non è posta al centro o in cielo accanto agli angeli, faccia a faccia con l’eterno Padre, ma è tra le persone di Este e condivide le miserie della città che sta vivendo la tragedia della peste.
E’ in atteggiamento di preghiera, in ginocchio, con le mani giunte; le sue braccia sembrano cadere sulle ginocchia quasi lei stessa ferita e oppressa dal dolore che vede intorno. Il suo volto è rivolto verso il cielo in contemplazione dell’azione di Dio a favore della situazione di sofferenza degli uomini. E’ un volto che, insieme con l’invocazione, esprime fiducia e abbandono in un Padre che non lascia soli i suoi figli. Le due figure che stanno alle spalle della Santa (un anziano con la barba e un’anziana piangente con un mantello scuro), al contrario, sono ripiegati su se stessi e timorosi di questa presenza di Dio che entra nella storia con la sua azione potente.
Santa Tecla indossa vestiti carichi di luce: un giallo dai riflessi d’oro, un rosso intenso, un bianco ricco di sfumature. Sprazzi di luce sulle pieghe e sugli orli delle vesti rendono la figura della santa piena di luce e di movimento: la luce divina e la sua azione si riversano su tutta la realtà e Santa Tecla vedendola la accoglie con fiducia. Il Tiepolo riesca a dipingere Santa Tecla come una donna pienamente immersa nella realtà del suo tempo ma totalmente rivolta a Dio e in contemplazione della sua azione benefica nei confronti degli uomini.
L’eterno Padre
La preghiera di santa Tecla è ascoltata e Dio agisce nella storia con un’azione che scaccia ogni male. La presenza di Dio si rivela tra le nubi del cielo come un’epifania, uno svelamento, una rivelazione. Il Tiepolo ha dato a questo ingresso del Padre un tocco di solennità e forza. La figura di Dio viene avanti di fianco tra gli angeli. Il pittore da’ profondità e movimento a tutta la scena di Dio attorniato dai suoi angeli. Con il braccio sinistro avvolge il mondo intero ad indicare che è animato solo da bontà e misericordia; con l’aiuto degli angeli sostiene e avvolge il mondo evidenziando un senso protezione e difesa. Con il braccio destro agisce nella storia portando benedizione e allontanando ogni male che minaccia il mondo e in particolare la città di Este. I salmi biblici spesso descrivono questo braccio forte di Dio che agisce con vigore a favore degli uomini e per la loro liberazione. La schiera degli angeli accompagna l’azione di Dio rafforzando il gesto di liberazione dal male.
Dio è raffigurato con colori vivi, intensi: il giallo oro, l’azzurro che prende i riflessi chiari del celeste e avvolge tutta la figura di Dio, il rosa pallido della veste, il bianco luminoso delle nuvole. La terra è sconvolta dalla peste ma Dio Padre porta la sua luce e Santa Tecla ne viene illuminata e così tutta la città di Este.
Il male
E’ rappresentato da una figura contorta che precipita sulla sinistra, allontanata dalla forza dell’azione divina. Questa figura rappresenta la peste e in generale ciò che vuole fare del male all’uomo. I toni smorti del colore usato fanno da contrasto con i colori intesi della figura di Dio e di Santa Tecla. La peste sembra precipitare senza controllo verso l’abisso portando con se tutto il male e la disgrazia della pestilenza. Chi contempla il dipinto ne riceve un messaggio di grande sollievo e di vera liberazione da ogni paura di fronte a ciò che spesso minaccio la vita dell’uomo.
La città di Este
La città di Este è rappresentata dalla veduta dell’abitato con le emergenze precise del Duomo, della Porta Vecchia, del Castello Carrarese, del Palazzo del Principe lontano sulla collina. La luce che viene dall’azione forte di Dio sembra illuminare il paesaggio come dopo un pericoloso temporale. In lontananza di scorge un corteo che va a seppellire un morto. Vicino a Santa Tecla due persone si disperano con le mani sul volto e sul capo. Più in là altre due persone indicano con un dito puntato qualcosa lontano: una di loro si tura il naso con le dita per non sentire l’odore intorno. In primo piano sulla desta in basso una bambina piange appoggiando le braccia sopra il corpo della madre ormai morta: sembra chiamarla piangendo. E’ la descrizioni del dolore e della morte portata in città dalla peste del 1630-1631. Fu l’Alessi, famoso storico estense, a suggerire di rappresentare la città di Este nello sfondo e Santa Tecla come protettrice della città.
Emergono in questo dipinto tutte le caratteristiche della pittura del Tiepolo: il movimento delle figure, in particolare nel gruppo che rappresenta Dio Padre e gli angeli; la vasta gamma e intensità dei colori utilizzati per dare vita a tutto il dipinto; la bellezza della figura di Santa Tecla e del Padre Eterno che fanno emergere l’abilità del Tiepolo nel dare forma alle figure; la cura per le figure di contorno che sanno esprimere il dolore e la drammaticità dell’esperienza della peste dalla quale Este viene liberata per intercessione di Santa Tecla.
Conclusione Restauro della Pala di Santa Tecla del Tiepolo
Si avvia verso la conclusione il restauro della Pala di Santa Tecla di Giovanni Battista Tiepolo.
E’ già possibile ammirare la Pala di Giovanni Battista Tiepolo che raffigura Santa Tecla che prega l’Eterno Padre per la liberazione della città di Este dalla peste. Si può ammirare tutto il suo splendore e il frutto del prezioso e meticoloso restauro. E’ possibile, inoltre, vedere da vicino i particolari pittorici di questa grandiosa opera d’arte.
Nelle prossime settimane verrà collocata in maniera definitiva nell’abside al centro del presbiterio.
Verrà poi predisposta un’illuminazione adeguata capace di valorizzare la pala e il prezioso restauro realizzato in questi anni.
A Natale 2020 a 261 anni dalla sua collocazione in Duomo (24 dicembre 1759) e a 250 anni dalla morte del grande artista Giovanni Battista Tiepolo (27 marzo 1770) potremo ammirare la Pala totalmente restaurata.